Il frigorifero lasciava attorno un ronzio doloroso, che sembrava scivolare sulle pareti. E’ strano come si difforma un suono, quando una casa è vuota. Si multipla paradossalmente toccando tutto e a questo punto, anche l’eco della voce umana sembra altrettanto strana, nuda e paradossale. Ecco perché Renata non parlava più…
Si alzò dalla poltrona vecchia, che soffiò scricchiolando assieme alle sue ossa, cosi come il corpo umano e la sedia di legno fossero una cosa, siccome ci fosse un legame di sangue tra la femmina e il mobile. Talvolta, Renata si sentiva cosi, come un mobile, un ornamento, qualcosa di decorativo, però cosi trascurata, che aveva già raccolto addosso tanta polvere da non poter più… Polvere regolare, sporca, senza la “magia delle stelle” come le raccontava la nonna. Polvere che assomigliava di più a cenere. E Renata era il vulcano…
Lasciò lo sguardo trascorrere la stanza. L’ attaccapanni al angolo non si vedeva più, nascosto sotto un mucchio di vestiti lasciati. Anche loro aspettavano lei, la sua mano, la sua disponibilità, il suo coraggio, la sua allegria. Aspettavano un’altra Renata. Una Renata proveniente da un Universo parallele, da un tempo perduto nelle proprie onde.
Passando davanti allo specchio il suo sguardo accarezzò il vetro. Il volto dall’ altra parte era pallido, stanco, manteneva però le tracce di una bellezza appassita, priva dell’umidità che dona l’ottimismo. Una bellezza che pur aveva fiorito una volta, ormai ognuno dei suoi fiori stava vaporizzando… Capelli grigi, occhi blu e due labbra circondate, oppure costrette tra due righe di amarezza. Quaranta anni di matrimonio. Sì, il calendario non si mente. Quaranta onde di tempo indietro…
“C’era una volta un re…”, cosi cominciavano tutte le storie della nonna. E Renata era stata cresciuta in mezzo a questo polvere di stelle, su una nuvoletta rosa, dietro degli occhiali della gioventù, che trasformano tutto secondo i propri sogni. E un giorno, il re venne e la dichiarò regina della sua vita. Ma, i regni di solito hanno dei castelli forti e dei soldati bravi. Non delle poltrone scricchiolanti e dei mobili coperti di polvere. “Invecchiata” disse tra sé e sé Renata. Invecchiata lei, invecchiata la casa, invecchiata anche la povera poltrona.
Tutto cominciò alcuni anni fa. Pian piano, come una pioggia tenera, irrigante. I primi segni passarono inosservati. Lui, il suo re, era stanco, troppo impegnato, portava una corona di doveri che sembrava come un alone. E lei, Renata, aveva figli da crescere e genitori da prendersi cura. E tra quaderni e pillole, giocatoli e bastoni, maestre nuove e medici vecchi, Renata perse sé stessa. E quando tornò lo sguardo cercando il suo re, scoprì che il trono era da tempo vuoto…
Il ronzio del frigorifero tornava attorno alla sua testa come un uccello affamato. L’ attaccapanni dal suo angolo, davanti alla porta, la guardava minacciante. E lei, come uno spaventapasseri in mezzo ad un prato incoltivato, abbia voluto stendere le mani e poi abbracciare sé stessa. Ma non poteva. Le sue mani erano secche, come due remi troppo pesanti, e lei sola nella barca della sua vita, disorientata. Quaranta anni avevano volato via. A causa di uno spaventapasseri…
Lo specchio riflessò la luce nei suoi occhi, non poteva più guardarlo. Che c’era da vedere? Una donna sprecata, usata, maltrattata. Da sé stessa! Forse lui le aveva dato dei segni. Forse le aveva chiesto più tempo, più cura… Chissà… La nuvoletta rosa sempre diceva che un amore vero si nutre da sé, senza aver bisogno di aiuto. Che menzogna! Aveva avuto un amore nascosto tra i quaderni, i giocatoli, le medicine e i bastoni senza rendersene conto. Amore nascosto sotto il tappetto. Assieme alla polvere.
Il mal di testa ritornò più forte. Che noioso questo ronzio! Quanto voleva far tacere a tutto, il frigorifero, le macchine che passavano per la strada, lo scricchiolio della poltrona, soprattutto il suo cuore che sembrava di esser salito sulla sua testa e darle l’uno schiaffo dopo l’altro. No, non era più vuota la casa. Anzi, era affollata. Di oggetti, persone, memorie, colpe. Soprattutto colpe. E lei non aveva più niente da offrire che due remi pesanti, due occhi nuvolosi, due labbra incarcerate, due orecchie piene di schiamazzi interni.
Oh, Dio, perché tutto aspettava proprio lei? Perché puliva sempre una casa impenitentemente sporca? Perché tutta questa roba accumulata non finisce mai a salire sull’ attaccapanni? Perché la polvere si trova dappertutto, non solo fuori, ma soprattutto dentro di lei? Renata, viva oppure semi morta, coi figli già fuggiti, i genitori da tempo defunti e il suo re svanito. Il castello era più debole di quanto uno si aspettasse. E lei, era rimasta sola. In piedi in mezzo ad un salotto bombardato. Che stanchezza!!! Che dolore!!! E questo maledetto ronzio non si smette mai!!! Fece un tentativo disperato. Stende le mani-remi come uno spaventapasseri senza più uccelli da intimidire…
“Aria! Aria fresca, per amor del cielo, mi sto soffocando!”, esclamò al improvviso… Si, proprio lei… Renata che non parlava più. E – chi l’avrebbe detto! – la sua voce non sembrava nè nuda, nè strana, né paradossale. Al contrario vibrava sulle pareti come una canzone antica, dorica, senza lacrime, senza paura. Quaranta anni in ritardo, il suo regno meritava in fine una regina eroica, forte, orgogliosa, bella nella sua solitudine. Senza figli o genitori, senza re, senza nessuno. Tenne gli occhi chiusi per un attimo. Tutta la sua vita fece una sfilata di memorie davanti al suo cuore… Attimi unici, dimenticati, dolci e amari marciavano in fretta. Era siccome tutto il suo passato aveva raccolto per lei dei regali minuscoli. Cose da vedere, da udire e da sentire. Uno spettacolo di autunno, la sua stagione preferita. Piccole foglie rosse e gialle danzavano nell’aria. La pioggia era appena smessa e l’odore della terra bagnata riempiva lo spazio del tempo. Tutte le cose attorno a Renata sembravano pure, neonate, piene di meraviglie… Solo questo ronzio continuava ancora, sempre più forte… Ma veniva da lontano, da una casa sporca, da un altro mondo. Non importava…“Devo andar via… Aria, ho bisogno di aria…”. E voltò le spalle andando verso la porta…
Nel pomeriggio, poche ore più tardi, un’ambulanza era fermata davanti alla casa di Renata. L’ aveva chiamata suo figlio minore, che dopo molte telefonate, decise di venire in persona e dal primo momento si sentì che qualcosa di male avesse successo, perché la porta era spalancata… Trovò sua madre sul pavimento, avvoltolata coi vestiti dell’attaccapanni cosi come si fosse messa in una battaglia. Gli infermieri fecero il loro meglio. Però Renata non si trovava più con noi. Come diceva lei, “aveva aperto la porta del mistero” … “Ictus” dissero i dottori al ospedale, dove avevano trasferito il suo corpo. “Aveva magari dei sintomi?” chiese l’uno di loro. “Che sintomi…” balbettò il giovanotto. “ Beh, qualche volta si lamentava di aver mal di testa…” aggiunse pensieroso. “Solamente mal di testa? Non tremava? La sua vista, l’udito, non c’era niente di strano?” insisté il dottore. E al improvviso un ricordo. “Il frigorifero… Due, tre giorni prima… Sentiva un ronzio, cosi mi disse al telefono. Non ne sono sicuro…”. E non disse più niente. Aveva tanto da fare…
La mattina prossima, il giovanotto ritornò alla casa di Renata. Aprì la porta con la chiave e si recò alla cucina. Sopra uno scaffale alla destra si trovavano dei documenti di sua madre, chiusi in una scatola marrone. Mentre andava a prenderla, passò davanti al frigorifero. Si fermò e trattené il soffio, assolutamente zitto e immobile. Niente ronzio. Solo un pezzo di carta attaccata sullo sportello. C’era scritta a matita, dalla mano tremante di Renata, una nota, assai difficile da leggere. Si trattava di un appuntamento dall’ avvocato. Dopo tantissimi anni di discorsi, litigi, lacrime, accuse e perdoni, tutto ciò che mancava erano le due firme. Su un documento posto sopra una scrivania di mogano, lucida e immacolata come la camicia dell’avvocato. Una nota per non dimenticare, che aveva impregnata la carta, lo sportello, il frigorifero, la mente di Renata.
ΣΟΦΙΑ ΚΑΤΑΡΑ
Wow!!! …che animo sensibile…! Mi hai commosso ! Brava
L’autrice con grazia riesce sempre a coinvolgere il lettore.
Molto descrittiva, si fa leggere…
Brava!!!!! (Y)
Brava. Molto descrittiva… si fa leggere
(Y)
Scrittura eccellente, racconto coinvolgente con un profondo contenuto , argomentazioni attuali che muovono e promuovono un coinvolgimento con il personaggio. Il lettore si sente immerso nell’ambiente descritto.
complimenti
Complimenti
Una storia interessante che descrive con grande trasporto emotivo le ultime riflessioni, nonché sentimenti di una donna anziana, che aveva molte aspettative da giovane, ma che dopo 40 anni di matrimonio riflette nella sua solitudine gli scricchiolii della sua vita metaforicamente accostati a quelli della poltrona, che è il teatro degli ultimi istanti della sua solitaria e malata esistenza…
Complimenti , molto sentita ! Ma che possiamo fare e la vita umana che purtroppo alla fine sono soli briciolo
Mi piace molto! Complimenti!
Super!!!
Bellissimo!
Una meraviglioza descrizione dei sentimenti di una donna che cammina alla fine della sua vita…ma che deluzione, che respingimento ha vissuto! Mi sono tanto commosa! Complimenti.
Magnifico!!!
Complimenti!!!
Magnifico!!! Complimenti!!!
Complimenti!
Complimenti!!! Molto interessante♥️
Complimenti! Bellissimo!!!
Congrats Sofia!
Ottimo! Vai avanti Sofia!